L’approvazione della direttiva CSRD ha reso obbligatoria la rendicontazione di sostenibilità per diverse imprese già a partire dal 2025, ma molte altre realtà aziendali sono chiamate a rendicontare la propria sostenibilità nel corso dei prossimi anni per rispettare la normativa europea. Allo stesso tempo, al di là degli obblighi imposti dall’Unione Europea, la rendicontazione ESG è un tema “caldo” per tutte le realtà imprenditoriali che vogliono dimostrare la propria attenzione all’ambiente, essere più attrattive e competitive sul mercato in ottica customer value proposition (vedi l'articolo Anticipare il bilancio di sostenibilità obbligatorio). Anticipare il report di sostenibilità obbligatorio o decidere di realizzarlo a prescindere dagli obblighi di legge garantisce, infatti, una serie di vantaggi: dall’accesso facilitato ai finanziamenti a una maggiore fiducia da parte degli stakeholder e dei clienti.
Qualunque siano le ragioni che spingono un’azienda a pubblicare la rendicontazione di sostenibilità, la realizzazione del report richiede grande impegno e attenzione per redigere un documento puntuale, preciso e attendibile. Lo sforzo maggiore è dovuto soprattutto alle emissioni di Scope 3, ovvero tutte quelle emissioni generate lungo la catena del valore, a monte e a valle, che non sono sotto il controllo diretto dell’azienda, come i viaggi di trasporto delle materie prime e dei dipendenti o lo smaltimento dei prodotti finali. Per semplificare la gestione di questi dati e il loro monitoraggio è necessario ricorrere a strumenti digitali, come un software per la sostenibilità.
Realizzare una rendicontazione di sostenibilità completa vuol dire raccogliere ed elaborare tutte le tipologie di emissioni: da quelle dirette generate dall’azienda (Scope 1) a quelle indirette derivanti dall'energia acquistata (Scope 2) fino a quelle di Scope 3, sempre indirette, ma generate da terze parti e non strettamente collegate alle attività aziendali. Considerate tutte le voci da rendicontare, i rischi di errori sono molteplici se ci si affida a importazioni manuali dei dati e il lavoro diventa ancor più complesso quando bisogna calcolare le emissioni di Scope 3, perché i dati non sono direttamente gestiti dall’azienda. I fornitori e i partner con cui interfacciarsi sono diversi e ognuno può avere un diverso livello di maturità ESG. Non solo, molto spesso i dati non sono affidabili e manca una standardizzazione nei metodi di calcolo, affinché tutte le informazioni siano chiare e accurate per redigere un report di qualità trasparente.
Un report di sostenibilità, infatti, deve essere completo e fornire informazioni sufficienti per consentire una valutazione degli impatti durante il periodo di rendicontazione; deve essere chiaro, comprensibili e accessibili a tutti coloro che lo consultano, oltre che accurato e dettagliato per consentire agli stakeholder di valutare le performance dell'organizzazione. Rispondere a questi prerequisiti richiede un lavoro di precisione, considerata la complessità della raccolta dei dati necessari, l’analisi che richiedono e la necessità di standardizzare i dati per realizzare report conformi agli standard CSDR o GRI. Ed è qui che entrano in gioco i software di sostenibilità.
Gli strumenti digitali, o meglio, un software per la sostenibilità semplifica la rendicontazione dei dati e anche la loro gestione, perché automatizza e semplifica il processo di rendicontazione. Un software, prima di tutto, riduce il lavoro manuale e il rischio di errori. È in grado di raccogliere e archiviare i dati aziendali dialogando con software ERP, CRM e altre piattaforme aziendali, ma soprattutto di interagire con i sistemi di fornitori e clienti esterni. Inoltre, è in grado di automatizzare il calcolo delle emissioni, comprese quelle di Scope 3, migliorando la trasparenza e la tracciabilità lungo l’intera supply chain.
Un software per la sostenibilità, quindi, riduce i tempi di lavoro rendendolo, allo stesso tempo più efficace ed efficiente; garantisce maggiore precisione, oltre che la compliance con le normative in atto.